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Giovanna d'Arco

I trionfi, i tradimenti, gli inganni che la resero immortale.



“Una fanciulla sarebbe venuta, una vergine, e avrebbe liberato il regno”.

Così aveva detto Marie Robine, la mistica e profetessa di Avignone sul finire del 1300.

Quel giorno di marzo del 1429 Carlo VII forse rifletté con particolare attenzione su quelle parole… certo la profezia di Marie Robine non né l’unica né la più nota. Difatti molte erano le profetesse divenute famose, e in certi casi anche sante, che ammonivano re e papi sulla necessità di un cambiamento drastico, di un rinnovamento morale e di libertà.


Il re posò lo sguardo sulla ragazzina dai capelli corti e scuri, abbigliata come un uomo, minuta come un uccellino e si chiese se non stesse diventando pazzo come suo padre.


Quella ragazza avrebbe salvato la Francia e, cosa ancora più importante, gli avrebbe dato la corona di re?


Iddio lo stava mettendo alla prova, ne era certo. I tempi in cui viveva erano così incerti e grevi da pesargli sul cuore; e le tempie gli martellavano per l’angoscia del futuro. Il regno, come il suo spirito, era lacerato e umiliato. La stessa madre Chiesa era dilaniata dallo scisma generatosi con il trasferimento della Santa Sede ad Avignone nel 1309. Ora, mentre Carlo VII si aggirava pensoso per la grande sala del castello di Chinon, la guerra tra papi e antipapi era ancora in atto. Pensò di cacciare via Giovanna. Conosceva benissimo l’opinione della maggior parte dei suoi cortigiani, i quali si erano espressi con parole nette e taglienti come lame: “quella ragazza è una pazza, forse è mandata dal demonio in persona!”.

Tuttavia, Carlo VII tentennò. Era chiaro che, nonostante le origini e la mancanza di cultura, quella ragazzina esercitava un certo fascino sui presenti.


E se fosse vero? Si chiedeva Carlo. E lo stesso pensavano i presenti, senza però avere il coraggio di dar voce a quella speranza.

Perché è di questo che si trattava, una disperata speranza da opporre alla disperata condizione della Francia.

Solo poche settimane prima vi era stata l’ennesima umiliante sconfitta per mano inglese alle porte di Orleans. Forse la sua decisione si sarebbe rivelata folle, fuori luogo e frettolosa ma se vi era anche solo una piccola possibilità di trarre vantaggio dalle parole di Giovanna perché non farlo?


Per scansare ogni equivoco sulla natura delle voci e delle visioni di Giovanna, ella venne esaminata dai teologi dell’Università di Poitiers e da un medico; una volta accertata la sua eterodossia e la condizione di “vergine”, Giovanna fu posta a capo di un’armata con tanto di armatura e spada al fianco. La “Pulzella di Orléans” era sorta.



Maggio gioiva, glorioso e benedetto, con lo stendardo della Pulzella che aleggiava beato sulla città liberata.

Erano stati giorni di guerra e sangue, di polvere e morte. La stessa Giovanna era rimasta ferita due volte ma con caparbia ostinazione la giovane si era rialzata e aveva gridato la rabbia contro i nemici del suo dolce delfino e aveva spronato le truppe ad assaltare ancora e ancora i bastioni di Orléans che, alla fine, lanciando insulti alla “prostituta degli Armagnac” calavano gli stendardi e si arrendevano.


La carica della Pulzella fece cadere anche Jargeau, Beaugency e Patay. Agli inglesi non trestava che ingoiare i loro insulti insieme all’insipido porridge!


Mentre nobili e cavalieri accorrevano da Carlo per unirsi a lui, mentre le faccende politiche si annodavano a quelle territoriali e dinastiche, Giovanna azzittiva tutti e tracciava con la spada il cammino da seguire e puntava dritto verso Reims. Là nella maestosa cattedrale avrebbe avuto luogo l’incoronazione di Carlo VII. Quante volte la Pulzella aveva immaginato la scena?

Reims era la città dove secoli prima Clodoveo, re dei Merovingi, aveva rinnegato la fede pagana e abbracciato quella cristiana. Là era stato battezzato con un’ampolla d’acqua santa portata direttamente dalla candida colomba dello Spirito Santo!


Il Cielo aveva già benedetto la Francia e consacrato i suoi sovrani.

Al riguardo Giovanna non aveva dubbi. La storia di re Clodoveo l’aveva ascoltata decine di volte in occasione delle feste, aveva nutrito la sua immaginazione, aveva fatto da corazza alla paura e brillato come torcia negli anni bui della guerra.


Il 16 luglio 1429 la Pulzella condusse il futuro re di Francia a Reims dove fu incoronato. Carlo VII ora entrava nella storia.


Le ombre del sogno

Nonostante quanto accaduto a Reims, Enrico VI era ancora re di Francia e d'Inghilterra in virtù degli accordi del trattato di Troyes. Parigi era la chiave. Parigi andava riconquistata. Parigi doveva tornare nelle mani del legittimo sovrano francese.

Al momento la città era in mano del duca Filippo di Borgogna, con l’incarico di governatore e protettore.

Dopo i trionfi dell’estate i Borgognoni, nemici dei francesi, avevano manifestato l’intenzione di scendere a patti e di negoziare un’alleanza con Carlo VII. Se ciò si fosse realizzato, la Francia avrebbe avuto al suo fianco un valido alleato con cui affrontare l’Inghilterra e le probabilità di vittoria crescevano in modo concreto.

Tuttavia Giovanna era contraria ad un’alleanza con i Borgognoni che riteneva inaffidabili e infidi.

Carlo lasciò che Giovanna marciasse verso Parigi, che provasse ad attaccarla ed espugnarla. Sapeva che avrebbe fallito? Probabile. Certamente il sovrano aveva calcolato le conseguenze e aveva deciso che il peso delle azioni sarebbe ricaduto interamente sulle spalle della Pulzella, divenuta in quei mesi famosa presso il popolo che iniziava a osannarla. Circolavano voci su miracoli e prodigiose vittorie ottenute da Giovanna con il suo solo mostrarsi…


La gloria e l’aura di santità che avvolgevano la ragazza di Domrémy iniziavano a gettare lunghe ombre sulla corona del re. La luce della Pulzella aveva brillato e rischiarato l’orizzonte, ora però era tempo che si affievolisse e lasciasse rifulgere il giglio d’oro dei re di Francia.


L’8 settembre 1429 la Pulzella attaccò Parigi e fallì. Il suo esercito su travolto da quello dei borgognoni, trucidato e tenuto fuori dalle mura della città.

I mesi che seguirono furono opachi e spenti come le battaglie condotte da Giovanna. Le cariche non erano più trionfali, gli assalti non era micidiali, le vittorie non coronavano più le strategie militari della Pulzella. Carlo VII intimò a Giovanna di fermarsi ma onorò lei e la sua famiglia con numerose gratificazioni. I suoi genitori ed il fratello ottennero un attestato di nobiltà con tanto di stemma araldico.


A maggio del 1430 Giovanna, dopo la delusione di Compiègne e l’inutile trionfo di Margny, fu catturata da Jean de Luxembourg, filo-borgognone.


A questo punto la Pulzella venne tenuta prigioniera in vari castelli, Clairox, Beaulieu-les-Fontaines e, infine, nel castello di Beaurevoir per essere poi venduta agli inglesi per 10.000 lire torinesi. Mentre accadeva tutto questo, Carlo VII non fece nulla.


Giovanna fu tradita, ignorata e dimenticata da colui che aveva reso re. Ora Carlo e la corte prendevano le distanze da quella ragazza superba e strana.


A dicembre del 1430 Giovanna giunse a Rouen dove avrebbe avuto luogo il processo in cui la si accusava di eresia e stregoneria, secondo la volontà di Enrico VI re di Francia e Inghilterra.


Il fuoco purificatore

Dal 9 gennaio al 26 marzo del 1431 Giovanna fu sottoposta a estenuanti interrogatori. Innanzitutto le furono tolti gli abiti maschili e le fu imposto di indossare vesti femminili. La questione degli abiti era infatti un primo indizio di deviazione demoniaca: una ragazza timorata di Dio non avrebbe mai viaggiato completamente sola in compagnia di molti soldati; non avrebbe mai indossato armi né abiti maschili.

Solo un’anima corrotta dal demonio avrebbe acconsentito a tali scempietà!


Gli interrogatori avvenivano a volte in pubblico, a volte nella sua cella, spesso più id una volta nella stesa giornata. Era chiaro che gli inquisitori tentavano di farla cadere in contraddizione e di cogliere ogni parola o sfumatura che rivelasse al sua vicinanza al maligno. Giovanna, tuttavia, era sempre lucida e salda, chiara e serena nelle sue riposte.


“Giovanna, sei in grazia di Dio?” chiesero gli inquisitori. Tale domanda equivaleva ad una passeggiata sui carboni ardenti. La risposta positiva, quanto la risposta negativa, avrebbe confermato la natura eretica della ragazza.

Giovanna, tuttavia, azzittì tutti e disse: “Se non ci sono, Dio mi ci metta; se ci sono, Dio mi ci mantenga”.


Se era una strega, allora era la più santa che l’inquisizione avesse mai torchiato!

Tutto ciò innervosiva e spazientiva gli inquisitori che la fissavano con aperto astio.


Giovanna, tuttavia, non cadeva. Teneva testa ai teologi, replicava e a volte si prendeva gioco di loro. Si sentiva sicura perché, anche quella situazione drammatica, le voci e le visioni continuavano a guidarla.


D’altro canto, gli accusatori insistevano: le affermazioni di Giovanna erano false, presuntuose e blasfeme. La interrogarono ancora e ancora e la minacciarono di tortura. Loro erano il martello e lei era l’incudine. Colpo dopo colpo, scintilla dopo scintilla, chi avrebbe ceduto?


Il logorio psicologico e fisico subito dalla ragazza alla fine sortirono l’effetto desiderato:

Giovanna abiurò le sue azioni e, cosa ancor più significativa, le sue “voci”. Era il 24 maggio 1431.

Il momento di sconforto durò pochi giorni. Giovanna ritrovò lo slancio che solo due anni prima l’aveva fatta trionfare a Orléans e gettò via le vesti femminili e indossò nuovamente gli abiti maschili.


“Perché indossi nuovamente quegli abiti che non sono fatti per il tuo sesso?” chiese l’inquisitore.

“È la volontà del Signore”, rispose Giovanna in tono pacato.

“Te lo hanno detto el voci?”

“Sì, è così. Santa Margherita Santa Caterina mi hanno parlato e rincuorato e ricordato perché sono qui.”

“E quale sarebbe il motivo?”

“Perché è la sua volontà. Io non posso mentire e negare che sia stato Dio a mandarmi. Non posso mentire per salvarmi. Per questo ritratto la mia abiura, perché è la volontà di Dio.”

“Allora sia fatta la Sua volontà. Sei eretica e recidiva, e come tale verrai punita.”


Al riguardo è spontaneo chiedersi dove trovò Giovanna abiti maschili? Forse qualcuno glieli portò appositamente per costringerla a venir meno alla parola data? Si dice che le sue vesti femminili le furono sottratte e che per coprirsi fu costretta a indossare gli abiti maschili. Comunque sia andata, Giovanna senza dubbio scelse consapevolmente di rinnegare l’abiura e, cosi facendo, siglò la sua morte.



Mercoledì 30 maggio del 1431 il rogo approntato nella piazza del Vieux Marché di Rouen per Giovanna arse vivacemente, bruciando le vesti ruvide, la pelle giovane e i sogni ingenui di una ragazza di diciannove anni.


Mentre brucava viva, la voce di Giovanna risuonò nella piazza ammutolita, tutti la udirono invocare disperatamente il nome di Gesù.

Giovanna morì quel giorno, ma la Pulzella entrò nel mito, divenendo leggenda.

La morte della strega meretrice fu celebrata da Enrico VI ma la sua storia aveva toccato il cuore della gente che in lei vedeva un’eroina e una martire della Francia.

Quando Carlo VII riuscì a liberare la Normandia e a scacciare gli inglesi, si impegnò per riabilitare la memoria di Giovanna; nel 1455 l’arcivescovo di Rouen revisionò il processo e dichiarò che la Pulzella era innocente.

Secoli dopo nel 1909 la Chiesa la volle beata per volontà di Papa Pio X e poi la consacrò Santa il 16 maggio 1920.

Ora è patrona di Francia e il suo nome viene pronunciato con devozione e rispetto.

La decisione “riparatrice” di Carlo VII era una mossa politica studiata; avendo vinto, ora doveva sfruttare gli eventi del 1429-31 a suo favore e dimostrare che era re per volontà di Dio, come aveva sempre sostenuto la Pulzella di Orléans.



Cosa possiamo dire di Giovanna?

Che è stata uno strumento politico in uno dei momenti più bui della storia francese.


Che è stata usata come mezzo propagandistico, nel nome di Dio e nel nome della corona francese.


Che il merito delle azioni e del sacrificio di Giovanna è stato raccolto da Carlo VII senza che questi riconoscesse in alcun modo il proprio debito verso la Pulzella di Orléans


La cappa tetra della superstizione è stato il motivo prima di successo e poi di morte per Giovanna.

Il fascino disperato di una profezia che voleva la Francia liberata dai nemici per mano di una vergine ha fatto sì che le voci e visioni di Giovanna capitassero al momento giusto e, soprattutto, sono state usate sia da una fazione che dall’altra, a seconda di come conveniva. Carlo VII e la corte non esitarono a servirvi del suo influsso sull’esercito finché fu utile. Quando la situazione politica mostrata crepe di difficile soluzioni diplomatiche, preferirono voltare le spalle e lasciare al suo destino una ragazzina invasata e analfabeta, salvo poi rinverdire la memoria del messaggio messianico della Pulzella nei confronti del delfino.


E le “voci”?

Per molti Giovanna era davvero una fanciulla benedetta da Dio, in grado di sentire e vedere l’arcangelo Michele e le sante Margherita e Caterina. La sua parabola di vita in questo caso diviene insegnamento di fede e modello di accettazione del destino che Dio ha deciso per noi.

La missione ricevuta da Giovanna si inserisce nel quadro di una lotta tra cristiani. Le predicazioni tempestose di Lutero e Calvino erano ancora lontane. Francia e Inghilterra infatti al tempo della guerra dei Cent’anni professavano il medesimo culto cristiano. Stupisce immaginare l’Altissimo schierarsi e faziosamente sobillare i francesi contro gli inglesi, devotamente fedeli a San Giorgio.

Tali giochetti prevaricatori e manipolatori mi sembrano un chiaro indizio che la responsabilità di tutto è nel fattore umano.


Esiste forse un’altra ipotesi non religiosa per le voci di Giovanna?

Al riguardo sono stati condotti diversi studi e formulate svariate ipotesi, partendo dalle informazioni contenuti nei verbali del processo. Sappiamo che Giovanna iniziò a sentire le voci verso i 13 anni, un’età molto delicata poiché è nella fase adolescenziale che generalmente si manifestano alcune patologie psichiatriche.

Le allucinazioni di Giovanna forse erano causate da un disturbo psichico. Secondo uno studio italiano condotto nel 2016 e intitolato The “voices” of Joan of Arc and epilepsy with auditory features, Giovanna «probabilmente era affetta da tubercoloma del lobo temporale da tubercolosi bovina una malattia comune a quel tempo. A ciò si affianca una recente rianalisi della testimonianza di Giovanna d’Arco che ha concluso che probabilmente aveva un’epilessia temporale laterale autosomica dominante o un'epilessia parziale idiopatica con caratteristiche uditive».


L’epilessia non diagnosticata è la causa medica che influenzato la vita di diverse figure chiave della storia? I racconti di strane voci e visioni o folgorazioni (come San Paolo) forse erano manifestazioni di crisi epilettiche piuttosto che di fenomeni soprannaturali/divini?

È molto probabile che le allucinazioni uditive, seguite da improvvisi stimoli acustici descritte da Giovanna siano da ricondurre proprio all’epilessia. Lo stesso per San Paolo che avrebbe avuto un attacco epilettico del lobo temporale a cui sarebbero da ricondurre le luci, le voci, la cecità e persino l’estasi religiosa da lui descritta.



A prescindere a tutto, Giovanna è un personaggio amatissimo per il suo slancio totale e sincero, per il suo coraggio e per la devozione. La sua vicenda umana anticipa di alcuni secoli le gesta tragiche degli eroi romantici, vinti ma non domanti dal destino titanico. Per questo il mito di Giovanna è senza tempo, puro e terso; per questo alla Chiesa e alla Francia convenne (e conviene) tributarle onori e glorie.



Consiglio di lettura




Alessandro Barbero,

Donne, madonne, mercanti e cavalieri. Sei storie medievali.





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